Tutte le foto pubblicate in questo blog sono di Luisa Siddi, tranne diversa indicazione in didascalia

sabato 2 giugno 2012

Euridice secondo Andaiola


Di Euridice si sa che fu quasi salvata dagli inferi, dal marito Orfeo. Cosa accadde a determinare quel quasi che la ricondannò a permanenza definitiva nel mondo dei morti? In tanti ne hanno immaginato una spiegazione. Noi siamo partite da quella più cinica (di Gesualdo Bufalino) e ne abbiamo immaginato un finale diverso.



E' tutto tranquillo negli inferi, non ci sono grosse nuove dall'eternità. Ade, re indiscusso di quel sottosuolo, ne approfitta per schiacciare un pisolino. Persefone, di far la regina di quel luogo, se n'è fatta una ragione, sviluppando un certo disincantato cinismo.
Corrono voci che un tizio, dotato ancora di respiro vitale, voglia scendere fin laggiù per riportare in vita la sua adorata moglie, la cui morte, pare, l'abbia reso inconsolabile.
Disincantato cinismo, dicevamo. Uniamolo a quella noia mortale degli inferi e capiamo perché Persefone sia solleticata all'idea di godersi ogni istante della vicenda. Questo ci rende sospettose sul sonno pesante in cui è sprofondato il consorte. Silenziosa, scivola tra gli anfratti di roccia fino al luogo in cui trascorre il suo tempo eterno la giovane Euridice. Regalmente le si accosta.

  • Senti questa musica?
  • Non sento niente, Persefone.
  • A breve la sentirai e la riconoscerai. Qualcuno ti cerca.
  • Possibile?
  • L'amore è cieco, l'avranno detto anche a te. Passeggiamo un po', abbiamo tempo.
    Persefone indugia un attimo, con lo sguardo, sulle fattezze di Euridice. Il cinismo cede a un'ondata di tenerezza.
  • Sai come sono diventata regina degli inferi?
  • Lo sanno tutti, Persefone, sei stata rapita poco più che fanciulla. Ti mancava la tua casa e tua madre e la luce del sole, non volevi mangiar nulla.
  • Ma Ade, rapitore premuroso, mi offrì dei semi di melograno “mangia almeno questi” mi disse. Ne mangiai sei, senza sapere che chi mangia qualcosa qui è costretto a rimanervi per sempre. Così lui ebbe ciò che voleva, una bimba per consorte e io divenni regina di questo posto. Ma tu, Euridice, vorresti rivedere la luce del sole?
  • Non burlarti di me, sei regina.
  • Qualcuno sta venendo a prenderti e sembra avere buone possibilità di farcela.
  • Lui?
  • Lui.
    Chissà perché nessuna delle due sorrise, un'istantanea dell'epoca le mostra una di fronte all'altra, occhi negli occhi, come ferme per sempre.
E' Euridice a rompere il silenzio infernale, anche se solo con un bisbiglio:
- Perché ?

  • Gia, perché. Perché ti ama moltissimo, si dirà, perché non può vivere senza di te. E questo forse è vero. Parlami di lui, citami le sue lodi.
  • E' presto fatto, Persefone, la sua dote è un incredibile talento musicale, un dono unico al mondo, si diceva.
  • E' quello che ho sentito anch'io. Ma un talento ha bisogno di una consacrazione duratura e universale e non si ottiene fischiettando nei boschi. E' l'amore a guidarlo in questo periglioso viaggio?
  • Si, Persefone. Temo di aver capito cosa intendi. E se così non fosse? Se fossi tu quella accecata dal dolore?
  • Lo vedremo. L'amore è cieco, dicevamo. Se così fosse saremmo salve. Tu lo saresti di sicuro. L'amore guarda, invece. Ma tu vuoi una prova, lo vedo.
    Intanto la regina aveva regalmente guidato la giovane prigioniera del sottosuolo verso la sala del trono, dove presto un pifferaio si sarebbe presentato e dove Ade, con grande dignità infernale, russava e scorreggiava nel sonno.
  • Vuoi mangiare qualcosa, nell'attesa? Scherzavo, bambina. Ecco, ora dovresti sentire anche tu.

    Una musica melodiosa, forse appena forzata nei semitoni e appena calcata sui bassi, un po' di maniera insomma, annunciò la visita. Persefone registrò, perché nulla voleva dimenticare di quel piccolo svago e perché – pensò- sarà buona come suoneria per il campanello degli inferi. Si preparò a recitare la sua parte di dea infernale:
  • Quale mortale osa violare il riposo di chi non può più dormire?
  • Sono Orfeo, mia sovrana del non ritorno.
  • Orfeo chi? Orfeo...Orfeo...
    Orfeo in imbarazzo si attaccò al piffero. Si dice che quel suono celestiale, unito al racconto del suo dolore, commosse Persefone. Noi sappiamo che registrò la suoneria numero due, pensando “forse la prima mi piaceva di più”. E si concentrò sul rimpianto della prima su cui, per errore tecnologico, aveva sovrascritto la seconda. Riuscì a farsi scendere una lacrima.
  • Vorresti, dunque, riportare ai vivi, ciò che la vita ha abbandonato?
  • Per amore ho fatto questo lungo viaggio, per amore vorrei tornare insieme alla mia amata.
  • Per amore, mi hai commossa, mortale. Ma sai che devo porre una condizione. Sono solo capricci e, nello stato emotivo in cui mi trovo, a te non costerà nessun dolore.
    Il piffero e il pifferaio aspettavano muti.
  • Dovrai solo guardare avanti nel tuo ritorno, mai voltarti indietro, finché non sarete fuori. Se la guarderai, qui nel sottosuolo, anche solo una volta, resterà con noi per sempre e tu vivrai nel rimpianto, finché vivrai (in realtà pensò “finché baccante non ti colse”)
  • Sei magnanima e generosa, di sicuro lo devo alle penose sofferenze che hai patito.
  • Lascia stare la mia vita. Prova a prenderti la tua. Voltati e inizia a camminare, lei ti sta già seguendo.

Così Orfeo e il suo piffero iniziarono la risalita, Euridice seguiva cauta. Ormai la luce del giorno era a portata di mano. E fu, in quell'istante, che Orfeo si voltò. Ciò che vide, dicono alcuni, fu la sua amata solo per un attimo prima che fosse inghiottita dagli inferi, per sempre. Abbiamo altre fonti che ci riferiscono un dettaglio volutamente taciuto finora e che pare si sia svolto durante l'intimità tra Persefone ed Euridice.
-Prendi questo – disse Persefone
-E' uno specchio, commenta dubbiosa Eurdice.
  • E'un'arma, usala se dovrai. Se non dovrai, sei fortunata. Se dovrai e lo farai, sei fortunata comunque.


E così, al termine della risalita, quando Orfeo si girò, ciò che vide fu solo sé stesso che, con premeditazione, era pronto a ricondannare il suo amore agli inferi, in cambio di una gloria millenaria. Ne fu turbato e scappò tra i boschi dove, come giustamente ci racconta la cronaca mitologica, fu un giorno sbranato da un gruppo di baccanti un po' alticce.
-Che vuoi, dovevamo far serata.
-Avremmo un po' esagerato ieri sera?
-Taci che non mi ricordo nulla, passami l'antiacido.

Euridice? Lo specchio bastò a difenderla? O davvero fu condannata a tornare tra gli inferi? Alcuni testimoni la danno titolare di una bottega chiamata “Ai postumi- antiacidi per tutte- come dimenticare una sbronza in un minuto”. Altre testimoni raccontano di interminabili serate, nel suo retrobottega, a parlare di fotografia e filosofia, a giocare con gli specchi delle reflex, a guardare apparire, dentro una bacinella d'acido rivelatore, un istante bloccato per sempre, con il potere di cambiare le storie che non ci piacciono. Si dice che, anche Persefone ogni tanto, approfittando delle tenebre e dei sonniferi somministrati al consorte, andasse a trovarle, regalando pillole di cinismo (agli inferi le vende) e fotogrammi grotteschi rubati nel sottosuolo.

Dal corso "Occho, malocchio, lo sguardo su di me" è nata la collettiva di fotografe "Andaiola" che trama nuove cose. A breve aggiornamenti